Un tesoro inestimabile! (anno A, XVII domenica del Tempo Ordinario)
Il capitolo tredicesimo del vangelo di Matteo contiene alcune parabole che descrivono il Regno di Dio. L’ultima, quella “della rete gettata nel mare” riprende lo stesso tema, in chiave marinara, della parabola del buon grano e della zizzania. Stavolta sono i pesci buoni e cattivi ad essere pescati insieme, e solo alla fine della pesca avviene la loro separazione, ovvero il giudizio tra i buoni e i cattivi.
Prima di questa parabola, altre due raccontano di due mercanti che trovano il primo un tesoro in un campo, il secondo una perla: decidono entrambi di vendere tutto per acquistare quel bene che per loro è diventato evidentemente l’unica fonte di gioia. Un atteggiamento davvero singolare. Di solito chi acquista diamanti o capolavori d’arte, anche a quotazioni strabilianti, investe il proprio superfluo per diventare più ricco. Questi strani compratori invece sono disposti a diventare poveri pur di possedere soltanto quel tesoro, quella perla.
E’ evidente che il tesoro e la perla sono immagini del regno di Dio annunciato da Gesù, che richiede di rinunciare a tutte le proprie passate sicurezze. Non si mercanteggia per acquistare questo bene; esso ha quel valore e non può essere deprezzato.
Della parabola “del tesoro nascosto nel campo” colpisce una stranezza: il mercante trova il tesoro in un campo e potrebbe presumibilmente portarselo con sé; invece lo nasconde di nuovo e, per avere di sua proprietà il tesoro, cosa fa? compra tutto il campo! Forse è difficile trovare una spiegazione esegetica. Più facile è comprendere il senso spirituale del racconto. Se pensiamo, infatti, che la Chiesa è chiamata da san Paolo “campo di Dio” (1Cor 3, 9), è evidente che questo mercante ha valutato il tesoro e il campo come un unico bene: il tesoro esiste perché si trova in quel campo, non possono separarsi.
Orbene, pensiamo a quanti vorrebbero separare Cristo – il tesoro, dalla Chiesa, che è il campo. Ma chi dona il tesoro a quelli che vengono battezzati? Chi lo fa brillare nella testimonianza di vita dei cresimati? Chi lo depone sull’altare nell’Eucaristia? Chi ne fa riscatto per il peccatore nella penitenza? Chi ne fa olio di balsamo per le ferite fisiche e spirituali dei malati? Chi celebra l’unione indissolubile tra il tesoro e il suo campo nell’unione di un uomo e una donna nel matrimonio? Chi sparge le ricchezze del tesoro a tutti i poveri in spirito mediante l’ordine sacro? La Chiesa!
Senza la Chiesa non si trova il tesoro: forse si potrà trovare una mappa che ne indichi l’esistenza, ma non si potrà sperimentare la gioia indicibile di possederlo se non si varca la soglia che fa entrare nel campo. Dunque non possiamo amare il tesoro che è Cristo senza amare la Chiesa che è il campo in cui lo si può trovare. Ovviamente la Chiesa, sapendo di avere in sé il tesoro del Regno, deve incessantemente annunciarlo a tutti i cercatori di verità; e man mano che uomini e donne di buona volontà accolgono questo annuncio i suoi confini si allargano. La Chiesa è dunque sempre un po’ meno grande del Regno che annuncia; questo perché non si inorgoglisca e, docile all’azione dello Spirito, non si chiuda in se stessa.
Così sarà, finché esisterà anche un solo mercante in cerca del vero tesoro.