Satana, il primo a credere in Gesù! (Anno B, IV dom. Tempo Ordinario, Mc 1, 21-28)
Il nostro incontro domenicale con Gesù, nell’Anno B, passa attraverso la lettura del Vangelo di Marco. Nel primo versetto del suo Vangelo, Marco ha indicato il suo programma: «Principio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). Si tratta di un nuovo “principio” che rimanda a quel “principio” in cui Dio creò il cielo e la terra (Gen 1,1). Marco ci vuole dire che, con la venuta di Gesù sulla terra, inizia una nuova creazione, una nuova storia per il mondo, cieli nuovi e terra nuova. Questo è il Vangelo, la buona notizia. Gesù è l’annunciatore di questa bella notizia e nello stesso tempo anche il suo contenuto: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Il credente è invitato da Marco a riconoscere Gesù prima come Cristo (Messia atteso da Israele), quindi come Figlio di Dio (Salvatore del mondo che paga per tutti il debito di Adamo e che libera l’umanità dal potere di satana). E l’evangelista, con una precisione incredibile, sviluppa il suo programma per istruire i suoi lettori (di allora e di adesso); perciò divide i sedici capitoli del suo Vangelo in due perfetti blocchi. Al centro, capitolo 8 (v. 29), Pietro, capo della comunità degli apostoli, fa la sua professione di fede: «Tu sei il Cristo!». Alla fine del Vangelo, prima di annunciare nell’ultimo capitolo la risurrezione di Gesù, uno straniero, un centurione romano (Marco lo rimarca perché scrive per la comunità di Roma) stando di fronte a Gesù crocifisso «vistolo spirare gridando a quel modo, esclamò: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”» (15, 39); è una professione di fede che spiega il potere di Gesù sulle forze soprannaturali del male: Egli è Dio. Se noi esseri umani abbiamo bisogno di un percorso di conoscenza per entrare nel mistero di Gesù, le forze del male lo conoscono bene e ne hanno terrore. Ecco perchè, nel Vangelo di Marco, l’ultima professione di fede è di un uomo, la prima invece è del demonio, che prima parla al plurale, poi al singolare, come se fosse proprio la voce di satana. «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei, il santo di Dio!». Siamo nella sinagoga di Cafarnao e Gesù, di sabato, libera un uomo posseduto da uno spirito impuro. L’espressione «Io so chi tu sei» è una professione di fede cammuffata attraverso un gioco di parole che rimanda al nome di Dio, “Io sono Colui che sono”, che da Dio stesso è stato rivelato a Mosè,: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi» (Es 3,14). Satana conosce Dio meglio di tutti e, pur odiandolo, non può fare a meno di proclamarne l’onnipotenza. Gesù è, infatti, «maestro di sapienza e liberatore dalle potenze del male» (colletta). E’ questo il senso del Vangelo di oggi. Gesù è il profeta atteso da Israele e agisce quindi non più “nel nome” di Dio ma “come” Dio. Siamo posti dinanzi all’autorità divina di Gesù. Sapendo che le forze del male si sottomettono a Lui e lo proclamano Dio, possiamo chiedere al Padre: «Rendici forti nella nostra professione di fede, perchè in parole e in opere proclamiamo la verità» (colletta).