Quel bambino è Isacco! (Battesimo del Signore, anno B, Mc 1,7-11)
Con la distruzione del grande tempio di Gerusalemme e la morte del profeta Zaccaria il profetismo in Israele sembra essere scomparso. «Non ci sono più profeti e tra noi nessuno sa fino a quando» (Sal 74,9). Perciò il profeta Isaia invoca Dio perché squarci i cieli e scenda a prendersi cura del suo popolo (Is 63). Le speranze riposte su Giovanni il Battista vengono deluse dalla sua decisa affermazione: «Io non sono il Cristo» (Gv 1, 20). La sua missione è quella di battezzare con acqua, mentre il Profeta che viene dopo di lui, e a cui non è degno di sciogliere il legaccio del sandalo, deve battezzare in Spirito Santo e fuoco. Il battesimo d’acqua di Giovanni il Battista si limita a indicare la giusta via morale, si ferma al livello etico dell’esistenza, quella che è la regola aurea: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te; fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te». A chi gli chiede infatti «che dobbiamo fare?» egli risponde proponendo una correttezza etica nei comportamenti.
Ma ecco, in quel fiume Giordano, arriva Gesù! La sua missione è diversa; egli deve battezzare in Spirito Santo e fuoco; l’etica del dovere deve essere superata dalla potenza dell’Amore. Questo battesimo di fuoco vedrà il suo compimento nel giorno di Pentecoste.
E adesso, dopo i fatti dell’infanzia, ormai adulto, per la prima volta Gesù si rende pubblicamente presente. Ed entra nelle acque del Giordano per farsi battezzare da Giovanni. Cosa accade?
Egli vede aprirsi i cieli sopra di lui! Si compiono le parole di Isaia (63,19): «Se tu squarciassi I cieli e scendessi!» e sente la voce del Padre che lo presenta al mondo come il Figlio del sacrificio (l’amato, come Isacco per Abramo) mentre vede scendere lo Spirito Santo in forma di colomba.
Ha visto e sentito solo lui? E’ una sua personale esperienza interiore? No, c’è un testimone, Giovanni il Battista: colui che deve aprire la strada deve conoscere la strada!
Lo sappiamo da Giovanni stesso che così descrive la sua esperienza nel Vangelo di Giovanni: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,32-34). E infatti il giorno dopo, vedendolo, grida: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1, 29.36).
A conclusione del tempo di Natale apprendiamo dunque che Gesù bambino è il nuovo Isacco, è l’Agnello di Dio che sarà immolato sulla croce!
Il Natale non è ingenua contemplazione di un tenero bambino, ma celebrazione del suo già compiuto destino di salvezza!
E’ sempre la stessa Pasqua: quella dell’incarnazione e quella della risurrezione.