“Giunge l’ORA!” (Anno B, V dom. quaresima, Gv 12, 20-33)
In tutti i vangeli Gesù mostra di attendere un momento preciso, che lui chiama “l’ora”. In essa si compirà il senso di tutta la sua predicazione e di tutta la sua vita. A Cana di Galilea Egli afferma che non è ancora giunta la sua ora. L’iniziativa di Maria sua madre, lo spinge a compiere un miracolo che dà gioia a due sposi. «Fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Sì, l’avvicinarsi dell’ora, coincide con il momento in cui si dovrà manifestare pienamente la Gloria di Dio, ma corrisponde anche al momento di maggiore sofferenza di Gesù, alla sua passione e alla sua morte. Nel dialogo con alcuni Greci che lo vogliono conoscere, Gesù mostra di avere piena consapevolezza che l’ora è giunta: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv 12,23). Nell’immagine del seme che deve morire per produrre la bellezza del suo frutto c’è la sintesi di questo pensiero che unisce morte e vita, sconfitta e gloria. La pianta è ancora lo stesso seme da cui è nata, ma il seme non c’è più, è morto per farla nascere.
Così Gesù per far sì che l’albero della croce diventi quell’albero della vita i cui frutti donano l’immortalità, deve farsi seme che muore. San Paolo spiega così la misteriosa resurrezione del seme nella realtà nuova della pianta: «Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere … Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza» (1Cor 15,37.42s). E la morte del seme è straziante, come lo è sempre la morte. Gesù comincia ad avvertire quel turbamento, quella sofferenza indicibile che lo farà sudare sangue nel Getsèmani, dove Egli «cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora» (Mc 14,35). Ma Gesù desidera compiere la volontà del Padre: «Che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome» (Gv 12, 27s).
L’ora di Gesù è fatta di tenebre e di morte, ma è liberazione dal male e accoglienza di tutti nel suo amore, come Egli stesso dice: «ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,31). Gesù ha reso Dio credibile ai nostri occhi, imparando l’obbedienza al Padre dalle cose che ha sofferto, fino alla morte.
E noi? Teniamoci pronti perché, nell’ora che non immaginiamo, viene il Figlio dell’uomo (cf. Mt 24,44). L’ORA è il momento del giudizio di Dio, quello che riguarda ciascuno di noi alla fine della vita e in cui la giustizia di Dio si manifesterà insieme al suo amore. Un mistero a cui nessuno può accedere. Una sola creatura umana, con la sua autorevole dolcezza, è capace di entrare nell’ORA di Dio e di modificarne il corso, come fece a Cana di Galilea. Per questo tutti noi peccatori ci rivolgiamo a lei, invocandone la materna intercessione, adesso e nell’ORA della nostra morte.