Dov’è la vera casa!? (II dom. Tempo Ordinario, Gv 1,35-42)
Due uomini camminano silenziosi dietro a Gesù, uno di loro si chiama Andrea. Hanno appena lasciato il loro maestro, Giovanni il Battista. Proprio lui, dopo aver detto di non essere il messia, ha incontrato per la seconda volta Gesù, lo ha fissato a lungo e lo ha indicato: «Ecco l’agnello di Dio!». Di un rabbì, che indica un altro rabbì e dice che quest’ultimo è più forte di lui, non si è mai sentito dire; e in verità non è neanche una cosa normale lasciare un rabbì per seguirne un altro; ma una forza irresistibile muove questi due uomini a seguire questo sconosciuto lungo la strada.
Lui si gira verso di loro:«Che cosa cercate?». La loro risposta, sorprendentemente, è un’altra domanda: «Rabbì, dove dimori?». «Venite e vedrete», dice Gesù.
L’evangelista Giovanni usa con molta attenzione le parole. Intanto ci fa intendere che possono esserci tante persone attorno a noi, che, com’è successo ai due discepoli del Battista, mosse dalla Grazia, seguono silenziosamente Gesù. Aspettano solo di prendere consapevolezza della loro ricerca. Occorre che qualcuno dica loro: «cosa state cercando?». La richiesta dei due uomini, «dove dimori?», conduce verso una casa. Sì, forse la ricerca di Dio, è proprio la ricerca di una casa, luogo dell’intimità, della relazione, della condivisione. Sì, solo con Dio possiamo sentirci veramente a casa, protetti e amati. «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita» (27,4). Andrea e il suo amico stanno cercando questa casa. E l’evangelista Giovanni, come solo lui sa fare, ce lo fa intendere mettendo sulle loro labbra non il verbo abitare, ma un verbo molto speciale del suo vocabolario: dimorare! E’ un verbo che introduce in una casa molto particolare. Se andiamo a cercare lo stesso verbo in un altro passo del Vangelo di Giovanni, scopriamo, infatti, dove Gesù vuole che dimorino i discepoli: «Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Dimorate nel mio amore!» (Gv 15,9). Gesù vuole farci dimorare nel suo Amore. Ma dimorare nell’Amore suo, abitare con Lui, significa entrare nella sua speciale relazione con il Padre. Il discepolo diventa egli stesso la casa di quest’Amore: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Ecco, dunque, dove Gesù ha condotto quei due discepoli, ecco in quale casa li ha fatti dimorare insieme a Lui. D’altra parte solo l’Amore di Dio può suscitare un tale cambiamento. All’inizio del loro silenzioso cammino cercavano, ma quando Andrea incontra suo fratello Simone gli dice di aver trovato colui che stavano cercando: «Abbiamo trovato il Messia!». L’Amore di Gesù, in cui hanno dimorato, ha prodotto il cambiamento interiore e, da cercatori della Verità, li ha fatti diventare annunciatori della Verità. Com’è successo anche ai discepoli di Emmaus: «Dimora con noi perché si fa sera!». E, dimorando con Lui nell’Amore dell’Eucaristia, sono diventati annunciatori della Risurrezione.