Diventi quel che mangi! (Anno B, Corpus Domini, Mc 14,12-16.22-26)
Il sacrificio di Cristo sulla croce ha abolito tutti i sacrifici antichi del popolo di Israele. Nell’anno liturgico ebraico, il sommo sacerdote entrava ogni anno nel tempio, dentro il santo dei santi, attraverso una tenda, ed aspergeva con il sangue di una vittima, di solito un capro, il coperchio dell’arca dell’alleanza e la stessa cosa faceva fuori dalla tenda per la purificazione dei peccati propri e di quelli del popolo. Era il giorno dell’Espiazione.
Con la sua morte e resurrezione, Gesù, una volta per tutte ci ha lavati e purificati con il suo sangue. Egli è stato contemporaneamente vittima e sacerdote, si è offerto come agnello immolato e con la sua resurrezione è diventato il Sommo Sacerdote che ha definitivamente introdotto la nostra umanità redenta nel santuario del Cielo. «Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna» (Eb 9,12).
Quel sacrificio avvenuto una volta per sempre si ripete però nel memoriale della sua Pasqua. Nell’ultima cena infatti Gesù ha offerto il suo corpo e il suo sangue in remissione dei peccati, chiedendo ai discepoli di ripetere il suo gesto dicendo: «Fate questo in memoria di me». La comunità dei discepoli, dopo la sua Pasqua, ha capito l’importanza di questo gesto attraverso gli stessi segni compiuti da Gesù, come, ad esempio, l’apparizione ai discepoli di Emmaus che lo hanno riconosciuto allo spezzare del pane; e da allora lo ripete ogni otto giorni nella domenica, il giorno del Signore.
La condivisione del pane eucaristico, che è il corpo del Signore, diventa il segno dell’unità dei credenti, l’espressione della loro comunione attorno al Signore risorto. Essi diventano infatti quello che mangiano, perciò Paolo dice: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1 Cor 10,17). Ma la liturgia di questa domenica vuole sottolineare un altro aspetto del sacrificio eucaristico, cioé il fatto che la presenza reale del Signore rimane sotto la specie del pane anche dopo la celebrazione dell’eucaristia.
Può mai il Figlio di Dio aver pronunciato una parola che non corrisponda alla realtà? Lui ha detto: «Questo è il mio corpo»; può mai, dopo la celebrazione, quel corpo non essere più il suo? Fin tanto che quel pane è pane rimane sempre il suo corpo. Questa è la fede della Chiesa.
Perciò, fin dai primordi della comunità cristiana, il pane eucaristico è stato portato agli ammalati per renderli partecipi della stessa comunione vissuta da chi ha partecipato alla celebrazione; le specie eucaristiche sono state poi conservate in luoghi deputati (che poi abbiamo chiamato tabernacoli) per il viatico dei moribondi; infine, ormai da secoli, viene raccomandata la pratica dell’adorazione eucaristica; e nella domenica del “Corpus Domini” il pane eucaristico viene portato in processione come pane del cammino, nutrimento e segno di speranza per il popolo di Dio nell’attesa che Egli ritorni glorioso alla fine dei tempi.