Cosa penso del tradimento
TRADIRE viene da TRADERE che in latino significa CONSEGNARE, ma anche ABBANDONARE ALLA MERCE’, IN BALIA… di qualcuno, evidentemente. I Latini, però, come è evidente, non usavano la parola TRADITIO per dire il tradimento (anzi la parola traditio ha il significato positivo di tramandare, far conoscere ai posteri), ma usavano PRODITIO che aveva assunto un senso peggiorativo (consegnare con l’inganno, anche in italiano è rimasto: un’azione proditoria, fatta con l’inganno) anche se in origine etimologicamente le due parole erano simili: lo stesso verbo dare, preceduto da TRANS oppure PRO, TRADERE, PRODERE. Ma la consegna più famosa della storia, quella che per trenta denari fece Giuda di Gesù, ha fatto tristemente specializzare la parola TRADERE. La vulgata infatti dice ad un certo punto di Giuda: guai a quell’uomo a causa del quale il FH è stato consegnato (traditurus est). E’ dunque in ambito cristiano che la parola assume il senso specifico di CONSEGNARE QUALCUNO CON L’INGANNO, dando origine alla parola italiana TRADIMENTO che indica l’ATTO DEL TRADIRE. Così TRADITORES furono chiamati quei Cristiani che durante la persecuzione di Diocleziano avevano “consegnato” i libri sacri all’imperatore, tradendo-consegnando, in qualche modo, anche loro come Giuda, il Cristo.
Dunque nel tradimento cosa avviene: si consegna qualcuno. Domanda: chi può essere consegnato, e a chi viene consegnato?
Può essere consegnato-tradito solo uno che ama colui o colei da cui viene consegnato. Non è un caso che il gesto del consegnare-tradire viene associato al primo più spontaneo gesto tra due persone che si amano: il bacio. Dice Marco evangelista che Giuda baciava ripetutamente Gesù nel momento in cui lo tradiva. E Gesù in Matteo dice a Giuda: “Amico, perchè sei qui?” Dunque possiamo consegnare solo qualcuno che si è in qualche modo consegnato a noi, non ci può essere, dunque, tradimento senza amicizia, senza amore, senza una fiduciosa consegna di se stessi. In questo senso ci sono due tipi di tradimento: uno verticale e uno orizzontale. Quello verticale è nel rapporto genitore-figlio. C’è un aneddoto molto diffuso tra gli Ebrei: il padre che fa cadere il figlio che si getta fiducioso tra le sue braccia. Quel tradimento è necessario che avvenga, magari non in maniera così traumatica. Solo così il figlio può essere libero dal genitore e capace di amarlo in maniera non più simbiotica.
Il tradimento orizzontale è più complesso, perchè riguarda i rapporti appunto “orizzontali“ tra fratelli, oppure tra amici o innamorati. Distinguerei, infatti, la consegna-tradimento tra fratelli ancora condizionata dal rapporto che ciascuno ha con il genitore (pensiamo a Caino e Abele, o Giuseppe e i suoi fratelli) e la consegna-tradimento tra amici o innamorati. In questo secondo caso ciò che domina è la gratuità: nell’amicizia e nell’amore ci si sceglie e questo è un atto potente di crescita. La consegna che due amici o innamorati fanno di se stessi l’uno all’altro è sempre un’evoluzione, come l’attraversamento di un guado; ci si consegna, ci si affida, perciò si entra nel cuore dell’altro, si esce dalla propria individualità, dalla propria solitudine. Amare significa trovare casa nel cuore dell’altro, sapere di stare altrove: questo porta ad una evoluzione, perchè nel “tu” dell’altro il nostro “io”, senza paura, può esprimersi totalmente.
Il tradimento comincia quando uno dei due amanti-amici ha consegnato se stesso e l’altro invece comincia a non consegnarsi più: nel caso degli amici – ma anche dei fratelli – la molla è in genere l’invidia (che nasce dal desiderare la stessa cosa o la stessa persona); nel caso degli innamorati, invece, è la mancanza del dialogo, cioè di quella parola in mezzo (dià – logos) sulla quale si è costruito fin dall’inizio il rapporto. Il non verificare ogni giorno che questa parola ci sia ancora significa avviare il processo per cui ognuno lascerà prima o poi l’altro in balìa di se stesso e non lo custodirà più nel proprio cuore attraverso quella parola. Il tradimento non è dunque solo l’atto finale del consegnare, ma tutto un percorso. Una coppia che non crede possibile il tradimento vuol dire che è già pronta per tradirsi.
In un certo senso, perciò, in un tradimento non è colpevole solo chi tradisce, ma anche chi è tradito, perchè quest’ultimo non è riuscito a capire che l’altro non si consegnava più. Il tradimento dunque può nascere solo quando l’amore viene dato per scontato, quando diventa un’abitudine pensare che l’altro è nel tuo cuore e tu sei nel suo. Si dirà: ma allora anche Gesù è stato colpevole del tradimento di Giuda? In un certo senso sì. Molto si è discusso di questo, e molti hanno cercato di recuperare le ragioni di Giuda costretto dal piano divino a svolgere il suo ruolo di traditore. Io penso che non la necessità, ma la libertà ha portato Giuda a tradire Gesù. Anche senza Giuda infatti Gesù sarebbe prima o poi arrivato allo stesso esito di morte, semplicemente per quel meccanismo vittimario che ormai aveva deciso di fare di Lui un capro espiatorio. Alla giustizia pilotata non mancherà mai una giusta causa per condannare qualcuno considerato ormai scomodo per il sistema. Dunque il tradimento di Giuda collocato dentro la sua libertà restituisce al traditore la sua dignità, senza farne una vittima della necessità divina. Il tradimento qui si inquadra come l’ultima chances per l’evoluzione di un rapporto. Giuda non comprendeva più Gesù, lo amava ma non riusciva più a consegnare se stesso al suo progetto di vita, per questo lo ha tradito. Gesù sapeva tutto questo, ma non ha tolto all’amico la possibilità di tradirlo. Libero arbitrio, fino in fondo. Questo è tipico del messaggio evangelico. Il problema è ciò che succede dopo: Giuda non accetta che dopo il tradimento possa esserci il perdono, che è l’altro elemento che il cristianesimo ha introdotto nel concetto di amore tradito; perciò si impicca. Anche Pietro tradisce Gesù, consegnandolo al suo destino per le chiacchiere di una serva, ma Pietro ritrova il rapporto con Gesù: egli “pianse amaramente”. Il messaggio cristiano sul tradimento è che si possa perdonare il traditore come riconquista di un amore più maturo, capace di una consegna non fittizia, ma reale, profonda. Io conosco coppie in cui una delle due parti ha consumato un tradimento e tuttavia i due si sono riconsegnati l’uno all’altro. Attenzione: parliamo di un tradimento accaduto in un contesto in cui l’amore iniziale c’era tutto. Diverso è il caso di quei mariti o di quelle mogli, innamorati o innamorate, che tradiscono continuamente e dicono: con lei\lui ho fatto solo sesso, con mia moglie\marito invece faccio l’amore. Per me questa è un’idiozia: converrebbe loro ammettere più sinceramente che non si sono mai consegnati veramente l’uno all’altra; allora sì, potranno continuare a tradirsi allegramente, tanto per davvero non si sono mai amati.
Nel vero tradimento, quello nato dall’amore vero, promesso e non mantenuto, c’è invece molta sofferenza. Come una morte. Infatti che viene tradito viene consegnato di nuovo alla sua solitudine, ma con il vuoto terribile dell’altro che non c’è più, e con lo strappo terribile di non poter essere più nel cuore dell’altro.
Un’altra forma di tradimento, forse il più raffinato tradimento, è quello di se stessi; avviene quando ci consegniamo sempre a qualcun altro per non avere a che fare con noi stessi, perchè non ci amiamo; ci consegniamo allora all’alcool, allo spinello, a quella – che tanto me la dà, all’ambizione, alla vanità. Questa forma di tradimento oggi così diffusa è il motivo per cui il concetto di fedeltà sembra assurdo: come infatti si può pensare di amare per sempre qualcuno, se non si ha mai niente da consegnargli?