8 marzo 2020. Sulla mia quarantena!
Stasera, 8 marzo, si chiude la mia quarantena. Quando 15 giorni fa sono tornato dal Piemonte, a conclusione di una bellissima esperienza con gli artisti di Rodello Arte, il colloquio col mio medico mi ha costretto moralmente a fermarmi. Non sapevo che il Piemonte fosse stato dichiarato “zona gialla” a causa del Coronavirus; in verità le disposizioni erano incerte, ma, per senso di responsabilità, non sono tornato indietro nella mia decisione.
Qualcuno, ne sono sicuro, mi ha criticato. Ma si sa, la precauzione è quella decisione che se tutto va bene fa pensare agli altri che sei stato un cacasotto, se invece tutto va male, allora ti fa bollare come un irresponsabile che doveva fare di più. Io mi dichiaro un cacasotto! ma sono anche una persona pubblica e ho il dovere di proteggere (per quanto questo dipenda da me) le persone che incontro, considerando che tra queste ci sono 24 anziane di una casa di cura di cui sono cappellano. In verità mi sono preso anche gli insulti dei cattolici super-osservanti per non essere andato a celebrare la messa, dimostrando così poca fede nella distruzione divina del virus. Sì, perché, come sempre succede, la sofferenza chiama in gioco la religione, ma non sempre la religione è all’altezza della sofferenza a cui è chiamata a dare un senso. Mi sono trovato così tra due fuochi: i padreliviani e i cartesiani; i primi a invocare l’ira divina (e della Vergine Maria) sull’umanità peccatrice, i secondi a invocare il soccorso della scienza relegando alla sfera privata l’invocazione a Dio. E in mezzo: il povero me!
Pensavo sarebbe stato terribile passare 14 giorni da solo a casa. Nessuna esperienza invece è terribile se decidiamo di farla nella verità di noi stessi. Così, in questa quarantena, ho sorpreso i miei amici rispondendo più prontamente ai loro messaggi, ho meditato facendo il trappista, anzi il certosino casalingo, e impregnandomi di parole sante del Vangelo, ho fatto passeggiate solitarie, ho letto libri, curato il mio corpo e preparato i miei piatti preferiti. Speravo che finita la mia quarantena finisse anche l’epidemia. E invece sono qui, a preoccuparmi per l’andamento delle cose, ora che ci è interdetto di celebrare anche le messe (chi lo sente padre Livio? Ti prego padre, non dire più che il virus si chiama corona perché la Madonna vuole le nostre preghiere!).
Sono preoccupato, ma da cristiano. E da cristiano penso che a questo punto occorrano due riflessioni, una comunitaria e una individuale. Quella comunitaria: come possiamo far sentire, in quanto Chiesa, la nostra presenza spirituale a tutti i fratelli che soffrono? Come attivare comunque una preghiera collettiva che ci ricordi che siamo il corpo di Cristo e che, se un membro soffre, tutti gli altri soffrono con lui? Quella individuale: cosa sta insegnando a me personalmente la brusca constatazione che non sono immortale?
Gentile Don Liborio. Quanto aiutano le tue parole vere in questo vuoto. Mi chiedo dove sia la Chiesa qui in zona rossa. Un vuoto assordante. Che gioia seguirti e sapere che la parola di Dio c’è ancora. Sono ammalata in casa da 30 giorni. Grazie. Daniela Gorla di Cremona Rodello Arte 2018
Cara Daniela, speriamo di rivederci ad aprile, a Rodello… un abbraccio… scusa se non ti ho risposto prima, ma sto conoscendo adesso il mio sito… sono un principiante!
Continuiamo a pregare lo stesso a casa seguiamo i consigli che ci hanno dato finora e che Dio ci protegga. Un caro abbaccio
Grazie caro don Liborio per la tua testimonianza di persona responsabile verso il prossimo.
Confidiamo nel Signore 🙏
Grazie per questa sua analisi della situazione attuale, anch’io ho scelto l”isolamento perché nonna e valido supporto , mi piace molto la proposta di attivare una preghiera collettiva.Bravo don Liborio
Caro don Liborio sei un grande e ti voglio bene
Continuiamo a pregare lo stesso a casa seguiamo i consigli che ci hanno dato finora e che Dio ci protegga